lunedì 5 dicembre 2011

Arancia meccanica - Anniversary edition digibook (A clockwork orange)



Il film è un capolavoro assoluto.
Costa poco.
Extra molto belli ed esaustivi.
Digibook con ottime foto.
Stesso video della passata edizione.
Video mediocre, con DNR e poco dettaglio.
Pochi extra inediti.
Nei documentari, scene del film con video ottimo.


FILM: Il più scon­vol­gen­te ca­po­la­vo­ro di Stan­ley Ku­brick: un biz­zar­ro apo­lo­go sul li­be­ro ar­bi­trio, e sul ruo­lo cen­tra­le del­la vio­len­za. Trat­to dal ro­man­zo di An­tho­ny Bur­gess "Aran­cia ad oro­lo­ge­ria", stre­ga lo spet­ta­to­re con l'in­cre­di­bi­le odis­sea di Alex, tep­pi­sta lon­di­ne­se che pri­ma com­met­te ogni atro­cità con i suoi com­pa­gni (o "dru­ghi"), poi vie­ne ar­re­sta­to dal go­ver­no, e "rie­du­ca­to" con un trat­ta­men­to che, sop­pri­men­do gli istin­ti ag­gres­si­vi, lo ri­du­ce a vit­ti­ma di una so­cietà pre­va­ri­ca­tri­ce. Gi­ra­to nel 1971, è an­co­ra una del­le espe­rien­ze più vi­sce­ra­li e "in­de­fi­ni­bi­li" del­la sto­ria del ci­ne­ma: fin dal pri­mio istan­te van­ta un fa­sci­no sur­rea­le, e un "fu­tu­ri­smo" così vi­sio­na­rio da ri­man­da­re più al so­gno che al­la fan­ta­scien­za an­ti­u­to­pi­sti­ca. La re­gia, in­cen­tra­ta su car­rel­li e gran­dan­go­li, de­for­ma gli spa­zi in mo­do in­quie­tan­te, men­tre la com­mi­stio­ne di co­lo­ri sgar­gian­ti, bian­chi aset­ti­ci e cro­ma­tu­re so­stie­ne un'at­mo­sfe­ra che am­ma­lia e di­stur­ba in­sie­me... co­me in un cre­pu­sco­lo "psi­che­de­li­co" del­la ra­gio­ne. Ac­ce­le­ra­zio­ni e pri­mis­si­mi pia­ni scar­di­na­no de­fi­ni­ti­va­men­te il rea­li­smo, e sca­glia­no in una di­men­sio­ne in gra­do di ac­ce­ca­re con la sua straor­di­na­ria bel­lez­za este­ti­ca. La vio­len­za, os­ses­si­va ma fun­zio­na­le al te­ma del­la li­bertà, è tea­tra­le e de­cli­na­ta in com­me­dia, sa­ti­ra, or­ro­re, dram­ma, se­con­do un mu­ta­men­to di re­gi­stro con il qua­le è im­pos­si­bi­le pren­de­re con­fi­den­za. Le stra­va­gan­ze dei per­so­nag­gi so­no al­tret­tan­to im­pre­ve­di­bi­li, men­tre le con­ta­mi­na­zio­ni fra cul­tu­ra vol­ga­re, mu­si­ca clas­si­ca e slang fu­tu­ri­sti­co (stre­pi­to­so l'adat­ta­men­to dal li­bro di Bur­gess) au­men­ta­no il fat­to­re stra­nian­te. In più, esu­la­no la pel­li­co­la da ogni fu­tu­ro ri­co­no­sci­bi­le, de­cre­tan­do un'at­tua­lità del di­sa­gio che non ha bi­so­gno di chissà qua­li av­ve­ni­ri­smi. Riu­sci­tis­si­mo il le­ga­me em­pa­ti­co fra lo spet­ta­to­re ed Alex: spri­gio­na­to dall'in­tel­li­gen­za del per­so­nag­gio, in­du­ce l'im­me­de­si­ma­zio­ne più "col­pe­vo­le", com­pli­ci am­mic­ca­men­ti pri­mor­dia­li rap­pre­sen­ta­ti, ad esem­pio, dall'aspet­to pro­vo­can­te di cer­te vit­ti­me. La mo­ra­le sul li­be­ro ar­bi­trio è al­tret­tan­to ef­fi­ca­ce, e spin­ge il pub­bli­co a "ti­fa­re" per il pro­ta­go­ni­sta no­no­stan­te la sua na­tu­ra mal­va­gia: que­sto per­chè i cri­mi­ni di Alex , an­che se ri­pu­gnan­ti, so­no de­ci­si in pie­na co­scien­za, men­tre la suc­ces­si­va, ca­stran­te man­sue­tu­di­ne è il frut­to di un con­di­zio­na­men­to psi­co­lo­gi­co. Non per nul­la, il ri­tor­no di Alex al­la con­di­zio­ne ori­gi­na­ria ap­pa­re co­me una gua­ri­gio­ne, e li­be­ra lo spet­ta­to­re da un'an­sia do­vu­ta al­la di­su­ma­niz­za­zio­ne/sot­to­mis­sio­ne del per­so­nag­gio. L'ade­ren­za di Ku­brick al ro­man­zo di Bur­gess è qua­si ana­li­ti­ca, an­che se l'omis­sio­ne del ca­pi­to­lo fi­na­le pre­sen­te nel li­bro (ed in cui Alex, cre­scen­do, sce­glie d'ab­ban­do­na­re la vio­len­za) se­gna una frat­tu­ra net­ta nel­la "fun­zio­ne" del­le due ope­re: lad­do­ve in­fat­ti il li­bro di Bur­gess è uno scrit­to ca­tar­ti­co sul­la scel­ta fi­na­le del be­ne (e con­ce­pi­to per esor­ciz­za­re lo stu­pro del­la mo­glie), il film di Ku­brick è in­ve­ce una ri­fles­sio­ne sul con­flit­to in­sa­na­bi­le fra na­tu­ra uma­na e re­go­le so­cia­li, zep­pa di fru­stra­zio­ne ma an­che più uni­ver­sa­le. Im­men­sa l'in­ter­pre­ta­zio­ne del pro­ta­go­ni­sta Mal­colm Mc­Do­well, an­che se l'at­to­re in­gle­se ("ma­le­det­to" co­me po­chi nel­la sto­ria del ci­ne­ma) re­sterà in­trap­po­la­to nel ruo­lo di Alex per tut­ta la sua car­rie­ra. Esem­pla­ri, in­fi­ne, ri­cor­ren­za e cir­co­la­rità del­la sce­neg­gia­tu­ra, cioè trat­ti che ri­spec­chia­no la vo­lontà ku­bric­kia­na di du­bi­ta­re, an­zi­chè "sen­ten­zia­re", su una que­stio­ne for­se ir­ri­sol­vi­bi­le. Fra l'al­tro, Le me­de­si­me ca­rat­te­ri­sti­che strut­tu­ra­li, non dis­si­mi­li da quel­le di Shi­ning, 2001 ed Eyes Wy­de shut, la­scia­no al­lo spet­ta­to­re i giu­sti spa­zi per la li­be­ra in­ter­pre­ta­zio­ne... sem­pre che que­st'ul­ti­mo rie­sca a non sen­tir­si co­me Alex nel­la ce­le­bre sce­na del "ci­ne­ma".





QUALITA' VIDEO (6 su 10): Il vi­deo è iden­ti­co a quel­lo dell'edi­zio­ne usci­ta nel 2008. Stes­so trans­fer, stes­so ma­ster, stes­so en­co­ding. All'epo­ca ta­le vi­deo po­te­va es­se­re ac­cet­ta­bi­le, men­tre og­gi ap­pa­re ob­so­le­to, so­prat­tut­to a con­fron­to di uno per­fet­to co­me quel­lo di Bar­ry Lyn­don. L'ac­qui­si­zio­ne è sta­ta fat­ta, pro­ba­bil­men­te, con te­le­ci­ne­ma da in­ter­po­si­ti­vo: la re­sa è sta­bi­le (sal­vo qual­che tre­mo­lio) ma la pel­li­co­la uti­liz­za­ta è piut­to­sto spor­ca, e con spun­ti­na­tu­re evi­den­ti, sia ne­re che bian­che. Sem­pre la pel­li­co­la ha fre­quen­ti va­ria­zio­ni nel­la tem­pe­ra­tu­ra del co­lo­re, ad esem­pio in sce­ne co­me quel­la al­la sta­zio­ne di po­li­zia. La tra­ma dell'im­ma­gi­ne non è mai fi­ne e ciò di­pen­de dall'uso del DNR, e da una com­pres­sio­ne VC1 non tra­spa­ren­te. Il qua­dro ha una con­si­sten­za "ve­tro­sa" e spes­so le in­for­ma­zio­ni ad al­ta fre­quen­za so­no as­sen­ti, an­che se per for­tu­na non si no­ta­no scie o "ce­ro­sità" ti­pi­che del fil­tro an­ti­ru­mo­re. Que­sta ca­ren­za si ha so­prat­tut­to nei to­ta­li e nei cam­pi me­di, mai par­ti­co­lar­men­te ni­ti­di, men­tre nei pri­mi pia­ni la si­tua­zio­ne mi­glio­ra. Co­me esem­pio si no­ti­no quel­li di Alex in ca­sa, op­pu­re al Ko­ro­va Milk Bar, e an­co­ra quel­li al­la sta­zio­ne di po­li­zia, op­pu­re nell'ul­ti­ma sce­na all'ospe­da­le. An­che in que­sti ca­si, però, il mi­cro­det­ta­glio non è quel­lo che si aspet­te­reb­be da una pel­li­co­la 35mm ac­qui­si­ta in mo­do "tra­spa­ren­te", ed an­che la gra­na, pur vi­si­bi­le, ten­de ad es­se­re "dis­sol­ta" e quin­di non sem­pre na­tu­ra­le (sen­za con­ta­re che in qual­che pas­sag­gio si mi­schia a un lie­ve ru­mo­re vi­deo). Al­me­no c'è po­chis­si­mo ed­ge en­han­ce­ment, e il ne­ro è più che buo­no, pro­prio co­me il con­tra­sto. Non c'è mai per­di­ta di det­ta­glio sul­le om­bre, e la tri­di­men­sio­na­lità ap­pa­ga: ad esem­pio in sce­ne co­me l'ini­zio, op­pu­re in ca­sa di Alex, nel ci­ne­ma du­ran­te il trat­ta­men­to, e nel­la "di­mo­stra­zio­ne". I co­lo­ri so­no ab­ba­stan­za ac­ce­si, so­prat­tut­to pri­ma­ri qua­li il ros­so, e non man­ca­no ot­ti­me istan­ze di aran­cio, vio­la... e so­prat­tut­to blu, il qua­le a vol­te è an­che do­mi­nan­te (as­sie­me al ver­da­stro e al bei­ge). Gli in­car­na­ti va­ria­no fra cal­do e na­tu­ra­le, con qual­che de­ri­va ver­so il pal­li­do. Ci so­no al­cu­ni "sfri­go­lii" nei fon­da­li a tin­te uni­for­mi, do­vu­ti al­la com­pres­sio­ne, e non van­no di­men­ti­ca­te le sud­det­te flut­tua­zio­ni nel­la tem­pe­ra­tu­ra. Sem­pre la com­pres­sio­ne pro­du­ce ar­te­fat­ti vi­si­bi­li in al­cu­ni cam­bi di in­qua­dra­tu­ra, e di­scre­tiz­za­zio­ni at­tor­no a lu­ci di­ret­te, op­pu­re su tin­te uni­te (so­prat­tut­to quel­le bei­ge o gri­gia­stre). Da no­ta­re in­fi­ne tre li­nee oriz­zon­ta­li sul mar­gi­ne su­pe­rio­re dell'im­ma­gi­ne. So­no sot­ti­lis­si­me e si ve­do­no so­lo su di­splay nei qua­li è di­sat­ti­va­ta la "sa­fe zo­ne". Va pre­ci­sa­to che la fo­to­gra­fia del film è no­to­ria­men­te mor­bi­da e dif­fu­sa, con fre­quen­te uso di gran­dan­go­li che pro­du­co­no ef­fet­ti "mi­cro­mos­so": tut­ta­via ciò non giu­sti­fi­ca quel­la re­sa ve­tro­sa ge­ne­ra­ta, evi­den­te­men­te, da li­mi­ti del tra­sfe­ri­men­to e dell'en­co­ding. Il for­ma­to vi­deo è 1.66:1, con ban­de ne­re ver­ti­ca­li ai la­ti del­lo scher­mo.




Voto al transfer: 6 e 1/2 su 10, "Fattore wow": 6 su 10.

Grafico Bitrate (cliccare sopra per ingrandirlo):



Occupazione audio/video: 28 Gb - Bitrate (video) 18,99 Mbit

Dati completi del Blu-Ray estratti con BDinfo


Screencapture Blu-Ray: full HD PNG
(occhio agli spoiler!!)







Altri screencapture dopo il commento sull'audio.


QUALITA' AUDIO (5 su 10): L'au­dio ita­lia­no Dol­by Di­gi­tal 5.1 a 640 Kbit è me­dio­cre e ol­tre a que­sto non ci sa­reb­be mol­to da ag­giun­ge­re. La sce­na so­no­ra si con­cen­tra sul ca­na­le cen­tra­le sal­vo le mu­si­che, che in­ve­ce si "apro­no" sui fron­ta­li. I po­ste­rio­ri so­no qua­si mu­ti, se si esclu­do­no qual­che eco del ven­to nel­la sce­na ini­zia­le ed al­cu­ni sbuf­fi non me­glio iden­ti­fi­ca­ti nel­la se­con­da par­te. Il cen­tra­le, su cui "col­las­sa­no" vo­ci ed ef­fet­ti, ha una di­na­mi­ca li­mi­ta­ta e grac­chian­te. I me­di si sal­va­no ma i bas­si so­no ine­si­sten­ti e gli al­ti, tal­vol­ta, van­no in sa­tu­ra­zio­ne. Le vo­ci sof­fro­no spes­so di un brut­to ef­fet­to "me­ga­fa­no" che le ren­de na­sa­li e po­co de­fi­ni­te. Ciò è dav­ve­ro un pec­ca­to, vi­sto che la qua­lità del dop­piag­gio (per una vol­ta) è dav­ve­ro ot­ti­ma (lo stes­so Stan­ley Ku­brick si com­pli­mentò con il di­ret­to­re ita­lia­no del dop­piag­gio Ma­rio Mal­de­si). Co­me se non ba­stas­se, il vo­lu­me di re­gi­stra­zio­ne è bas­so e la di­na­mi­ca de­gli ef­fet­ti mol­to li­mi­ta­ta. Le mu­si­che ren­do­no me­glio sia del par­la­to che de­gli ef­fet­ti e van­ta­no più pie­nez­za, ol­tre al­la ste­reo­fo­nia: però so­no co­per­te da mol­to fru­scio e nel­le sce­ne con­ci­ta­te fi­ni­sco­no per co­pri­re pro­prio il ca­na­le cen­tra­le. Fra i pas­sag­gi mi­glio­ri, si ri­cor­da­no giu­sto quel­li con il ser­gen­te del­la pri­gio­ne (do­ve c'è una lie­ve eco sui fron­ta­li) e, so­prat­tut­to, quel­li nel­la sa­la di pro­ie­zio­ne, sia per la mag­gior na­tu­ra­lez­za del­le vo­ci che per la di­na­mi­ca del­le mu­si­che. Per il re­sto c'è dav­ve­ro po­co da ri­cor­da­re di que­st'au­dio ve­tu­sto, an­che se, va det­to, la re­sa non è mai tan­to di­stor­ta da ri­sul­ta­re inac­cet­ta­bi­le. L'au­dio in­gle­se DTS HD MA 5.1 ha un im­pat­to più ad "al­ta fe­deltà", sep­pur non al pas­so coi tem­pi: il cen­tra­le è più de­fi­ni­to e rea­li­sti­co, men­tre il vo­lu­me è as­sai più ele­va­to. Ste­reo­fo­nia ed am­bien­za so­no più pre­sen­ti, men­tre le vo­ci (so­prat­tut­to qual­la fuo­ri­cam­po di Alex) so­no cal­de ed ab­ba­stan­za rea­li­sti­che, an­che se stri­do­no sul­le si­bi­lan­ti. Le mu­si­che, in­fi­ne, van­ta­no va­ri de­ci­bel ag­giun­ti­vi, una mi­glior se­pa­ra­zio­ne ed un'am­piez­za, in gam­ma me­dio­bas­sa, a trat­ti an­che sor­pren­den­te. Se si ha ab­ba­stan­za con­fi­den­za con l'in­gle­se, dun­que, la trac­cia ori­gi­na­le do­vreb­be es­se­re fa­vo­ri­ta, com­pli­ce an­che un so­no­ro tut­to in pre­sa di­ret­ta e co­mun­que più par­ti­co­la­re no­no­stan­te la qua­si "mo­no­fo­nia".




Screencapture Blu-Ray: full HD PNG (occhio agli spoiler!!)








Confronto film - documentario dopo il commento sugli extra.


QUANTITA'/QUALITA' CONTENUTI EXTRA (8 e 1/2 su 10): Gli ex­tra, di­stri­bui­ti su due Blu-Ray, in­clu­do­no tut­ti quel­li del­la pas­sa­ta edi­zio­ne, as­sie­me a due fea­tuet­te ine­di­te e al bel­lis­si­mo do­cu­men­ta­rio "Stan­ley Ku­brick: A Li­fe in Pic­tu­res", che era già sta­to pub­bli­ca­to su DVD nel 2001. Ec­co l'elen­co det­ta­glia­to dei con­te­nu­ti:


DISCO 1

Commento di Malcolm McDowell e dello storico Nick Redman (senza sottotitoli)

Malcolm McDowell ripensa il film (HD, 11 min.)

Documentario "Turning like Clockwork" (HD, 26 min.)

Documentario "Still tickin'": Il ritorno di Arancia Meccanica (SD, 40 min.)

"Great Bolshy Yarblockos!": la creazione di Arancia Meccanica (SD, 28 min.)

Trailer cinematografico


DISCO 2

Documentario "Stanley Kubrick: A Life in Pictures" (SD, 142 min.)

Documentario "Oh Lucky Malcolm!" (HD, 86 min.)

La com­men­ta­ry è una fu­ci­na di in­for­ma­zio­ni tec­ni­co/ar­ti­sti­che: con­dot­ta dal­lo stu­dio­so Nick Red­man, ve­de Mal­colm Mc­Do­well scio­ri­na­re aned­do­ti "screen spe­ci­fic", ma con di­gres­sio­ni su ogni aspet­to del­la la­vo­ra­zio­ne. Mol­to ap­prez­za­bi­li so­no quel­le su lo­ca­tion e sce­ne ta­glia­te, più al­tre sull'uso del­le mu­si­che o del­la vio­len­za, sul­le sce­ne in pri­gio­ne (le più im­ba­raz­zan­ti da gi­ra­re) e sul­le dif­fe­ren­ze fra film e ro­man­zo. Al­tri rac­con­ti ri­guar­da­no il ca­sting, l'uso del­le lu­ci na­tu­ra­li e la pre­sun­ta, po­ca abi­lità di Ku­brick nell'uti­liz­za­re la ci­ne­pre­sa a ma­no. Ad­di­rit­tu­ra non man­ca­no aned­do­ti sull'in­con­tro fra Mc­Do­well e uno sde­gna­to Ge­ne Kel­ly (per l'uso del bra­no "Sin­ging in the rain" nel­la sce­na del­lo stu­pro) e sul­la pri­ma sce­na gi­ra­ta dall'at­to­re, in cui vie­ne tra­fit­to da una si­rin­ga che lo farà sal­ta­re dal let­to. Pec­ca­to per l'as­sen­za di sot­to­ti­to­li, an­che se il par­la­to è mol­to com­pren­si­bi­le. Il do­cu­men­ta­rio "Still tic­kin'" in­clu­de in­ter­vi­ste a cri­ti­ci, re­gi­sti, at­to­ri e si fo­ca­liz­za sul­la reim­mis­sio­ne del film in In­ghil­ter­ra av­ve­nu­ta nel 2006. Le opi­nio­ni so­no in­te­res­san­ti e spa­zia­no dal va­lo­re "ico­ni­co" di Aran­cia mec­ca­ni­ca al­la rap­pre­sen­ta­zio­ne del­la vio­len­za, con in più le in­ter­pre­ta­zio­ni for­ni­te da gior­na­li­sti, psi­co­lo­gi e via di­scor­ren­do. Il do­cu­men­ta­rio par­la an­che dei fat­ti di cro­na­ca ne­ra av­ve­nu­ti, sem­pre in In­ghil­ter­ra, do­po la pri­ma usci­ta del film, e del suc­ces­si­vo ri­ti­ro del­la pel­li­co­la im­po­sto da Ku­brick do­po ave­re ri­ce­vu­to una let­te­ra mi­na­to­ria. L'in­ser­to "Great Bol­shy Yar­bloc­kos!" mo­stra ben po­co del­la la­vo­ra­zio­ne, an­che se in­clu­de al­tri pa­re­ri au­to­re­vo­li di gros­si no­mi del­lo spet­ta­co­lo: ad esem­pio, dei re­gi­sti Sid­ney Pol­lack, Ste­ven Spiel­berg e ad­di­rit­tu­ra Geor­ge Lu­cas, an­che se l'ul­ti­mo sem­bra un po' fuo­ri luo­go. I do­cu­men­ta­ri ine­di­ti non ag­giun­go­no mol­to a quel­li "vec­chi": "Tur­ning li­ke cloc­k­work" è qua­si un "re­ma­ke" di "Still Tic­kin", con qual­che at­tua­liz­za­zio­ne e mol­te opi­nio­ni di re­gi­sti co­me Paul Green­grass e so­prat­tut­to Oli­ver Sto­ne. Te­ma cen­tra­le è il le­ga­me (in­sen­sa­to) fra la vio­len­za del film ed emu­la­zio­ne, con at­tor­no le so­li­te con­si­de­ra­zio­ni di so­cio­lo­gi e stu­dio­si. Il nuo­vo seg­men­to con Mc­Do­well è più in­te­res­san­te, poi­chè l'at­to­re mo­stra al­cu­ne bel­lis­si­me fo­to d'epo­ca: inol­tre l'at­to­re rac­con­ta qual­che nuo­vo aned­do­to su Ku­brick, sul ti­to­lo al­ter­na­ti­vo del film e sul­la do­lo­ro­sis­si­ma sce­na de­gli oc­chi sbar­ra­ti.

Pez­zo for­te del com­par­to ex­tra è lun­ga in­ter­vi­sta/do­cu­men­ta­rio a Mal­colm Mc­Do­well: in es­sa, l'at­to­re rie­vo­ca la sua car­rie­ra, a par­ti­re da­gli esor­di tea­tra­li e i pri­mi film con il "men­to­re" Lind­say An­der­son, fi­no a la­vo­ri "con­tem­po­ra­nei" co­me Gang­ster n.1 ed il con­tro­ver­so Evi­len­ko, th­ril­ler di Da­vid Grie­co ispi­ra­to al se­rial kil­ler Adrei Chi­ka­ti­lo. Non man­ca­no ri­fe­ri­men­ti a ti­to­li "cult" co­me l'uo­mo ve­nu­to dell'im­pos­si­bi­le (sul cui set Mc­Do­well ha co­no­sciu­to Ma­ry Steen­bur­gen, sua pri­ma mo­glie), il di­sprez­za­to Ca­li­go­la ed ov­via­men­te Aran­cia Mec­ca­ni­ca. Al film di Ku­brick ven­go­no de­di­ca­ti cir­ca quin­di­ci mi­nu­ti, an­che se mol­ti aned­do­ti so­no gli stes­si ascol­ta­ti nel­la trac­cia di com­men­to. A par­te i di­scor­si sul­la fil­mo­gra­fia, Mc­do­well s'espo­ne al­lo spet­ta­to­re sen­za ipo­cri­sie: inol­tre, la­scia in­tra­ve­de­re il suo la­to più "si­ni­stro". Il do­cu­men­ta­rio su Sta­ne­ly Ku­brick è un mo­mu­men­ta­le af­fre­sco del­la car­rie­ra del re­gi­sta: è nar­ra­to da Tom Crui­se e si sno­da fra il pe­rio­do del Ku­brick fo­to­gra­fo e la mor­te du­ran­te la la­vo­ra­zio­ne di Eyes Wi­de Shut. Il film in­clu­de in­nu­me­re­vo­li fil­ma­ti d'epo­ca, sia fa­mi­glia­ri che di dier­tro le quin­te, più te­sti­mo­nian­ze di col­la­bo­ra­to­ri, re­gi­sti, scrit­to­ri, at­to­ri stu­dio­si e chi più ne ha più ne met­ta. Non man­ca­no con­te­stua­liz­za­zio­ni sto­ri­che di ogni film, ed an­che qual­che po­le­mi­ca sul­la fi­gu­ra un po' con­tro­ver­sa del re­gi­sta. Il ta­glio è de­li­ca­to, e il rit­mo un po' len­to: ma la quan­tità di in­for­ma­zio­ni è ec­ce­zio­na­le, e dif­fi­cil­men­te po­trà es­se­re egua­glia­ta da un al­tro do­cu­men­ta­rio om­ni­com­pren­si­vo di que­sto ti­po. La qua­lità vi­deo de­gli in­se­ri­ti va­ria fra il di­scre­to per quel­li in bas­sa de­fi­ni­zio­ne e il mol­to buo­no per quel­li in HD. Il par­la­to è sem­pre in in­gle­se, con sot­to­ti­to­li in op­zio­na­li sia in in­gle­se che in ita­lia­no.

NO­TA: la con­fe­zio­ne è una bel­la "di­gi­book" con li­bret­to di 34 pa­gi­ne, ma esi­ste an­che la ver­sio­ne in cu­sto­dia ama­ray, sem­pre a due di­schi. In que­sta pa­gi­na del mio blog "No­ti­zie Blu-Ray" po­te­te ve­de­re la fo­to­gal­le­ry del­la di­gi­book.

AT­TEN­ZIO­NE! il nuo­vo do­cu­men­ta­rio "Tur­ning li­ke cloc­k­work" in­clu­de sce­ne di Aran­cia mec­ca­ni­ca con vi­deo mi­glio­re ri­spet­to a quel­lo del film pre­sen­te sul Blu-Ray. Ec­co al­cu­ne com­pa­ri­son do­ve si può ve­de­re la dif­fe­ren­za: in al­to ci so­no i fra­me pre­si dal film, e in bas­so gli stes­si fra­me pre­si dal do­cu­men­ta­rio:




Confronto film - documentario: full HD PNG (occhio agli spoiler!!)

Nei frame del documentario il dettaglio è superiore, e la grana finissima. Non c'è traccia di DNR, e il livello del nero è un po' più alto, con anche più particolari sulle basse luci. La resa è naturale, analogica, e non vetrosa. Infine il colore è bilanciato in modo diverso: a volte è più caldo, altre volte tende al rosso o al violaceo. Difficile dire se si tratti di un nuovo transfer della pellicola: i dati certi sono la compressione AVC anziché VC1, e la presenza delle stesse tre linee orizzontali nell'estremo superiore dell'immage. Infine l'aspect ratio è 1.85:1 anzichè 1.66:1 ma questo dipende quasi certamente da un adattamento all'aspect ratio del documentario. Naturalmente viene da chiedersi perchè Warner non abbia utilizzato questo master eccellente, invece di quello obsoleto del Blu-Ray 2008.



link a recensioni esterne:
Scheda del film:
Hardware con cui vedo e ascolto i Blu-Ray (in giallo quello usato per recensire il titolo):
    DISPLAY
    Panasonic plasma FULL HD 55' 3D TX-P55ST50E
    Panasonic plasma FULL HD 50' TX-P50S20
    Panasonic plasma FULL HD 46' TX-P46U20
    Panasonic plasma HD READY 50' TH50-PV60
    Panasonic plasma HD READY 42' TH42-PX7
    Epson proiettore LCD FULL HD EMP TW-980
    Epson proiettore LCD FULL HD EMP TW-680

    LETTORI
    Sony Playstation 3
    Sony BDP S-500
    Sony BDP S-550
    Samsung BDP 1400
    Samsung BDP 1500

    AMPLIFICATORI + DECODER + DIFFUSORI
    Onkyo TX DS-676, Jbl Tlx 500 (centrale), Jbl tlx 700 (frontali, posteriori), Jamo X5 (subwoofer attivo)
    Onkyo TX DS-555, Technics Sh-500, Technics Sb-ca21 (frontali), Wharfedale Modus 3 (posteriori), infinity ref. 100 (centrale)
    Sony str-db 830, sistema satelliti + subwoofer Jbl Scs 140

    CUFFIE
    Decoder Sony MDR-1000 + cuffie Sony MDR-XB600
    Decoder + cuffie Sony MDR-6500

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